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Linea Intima Edit

Dossier

Back in 1957

04 luglio 2017

Proseguiamo la saga del nostro anniversario, iniziata lo scorso gennaio con la lingerie, con una seconda parte dedicata al beachwear.

Cosa accadeva nel ’57, anno in cui è uscito il primo numero della rivista Linea Intima? Cosa indossavano le donne sulle spiagge nel dopoguerra? Che ruolo ha svolto questo piccolo pezzo del guardaroba nelle trasformazioni sociali dell’epoca? Cosa ci dice riguardo all’evoluzione delle abitudini e degli stili di vita? È con grande piacere diamo il bentornato, come ospite d’onore, a Ghislaine Rayer, che, con Patrice Gaulupeau, si appresta a inaugurare quest’estate a Parigi una mostra di 300 mq interamente consacrata all’età dell’oro del beachwear. Flashback tra gli anni ’50 e ’60.


IL CODICE HAYS
Negli anni ’50 il puritanesimo diffuso, il maccartismo onnipotente e la lobby della National Legion of Decency colpiscono l’universo della moda. Tra questi e altri strumenti di repressione presenti nella società americana, ce n’è uno che imperverserà per più di 30 anni, interferendo con lo sviluppo di un’industria fiorente: il codice Hays, una guida all’autocensura per la comunità cinematografica di Hollywood.
In pratica, la rigida applicazione del codice impone di osservare regole assurde: i baci sono cronometrati, il nudo è proibito, i vestiti troppo provocanti sono banditi, il letto – anche quello coniugale – cede obbligatoriamente il posto ai letti gemelli… Negli anni ’50 le attrici di Hollywood non possono mostrarsi in lingerie o in abbigliamento succinto. È così che, per aggirare le linee guida in vigore e per esaltare il fisico delle celebrità, i produttori hanno l’idea di farle posare in costume da bagno.
Le scene di nudo e la lingerie provocante vanno evitate a meno che non siano un elemento essenziale dello scenario. Inoltre, William Hays, incline a un feticismo particolare, lancia una crociata personale contro gli ombelichi femminili. Il due pezzi a vita alta diventa così l’unico indumento sexy e glamour autorizzato durante le riprese e la promozione dei film. Quanto al costume intero, valorizza le star rivelando le loro grazie, ma sempre nel rispetto delle regole!

BELLEZZE AL BAGNO
Bellezze al bagno è il primo film acquatico al 100% prodotto a Hollywood. Sontuosamente allestite nello studio più grande mai costruito fino ad allora, le sue scene di nuoto sincronizzato – magnificamente coreografate dal maestro dell’epoca, Busby Berkeley – fanno di Esther Williams una star il cui unico indumento è il costume da bagno.
Ciò non toglie che i suoi modelli, a volte provocanti per i canoni del periodo, siano autentiche opere d’arte in termini di stile. Soprannominata «la sirena di Hollywood», l’attrice americana, dopo essere stata protagonista di una ventina di film, diventa una vincente donna d’affari quando si lancia nella creazione di costumi da bagno. Ispirandosi ai modelli dei suoi film, lavora per il marchio Catalina e poi inaugura una griffe tutta sua, ancora in commercio ai giorni nostri.

L’ETÀ DELL’ORO DELLE «PIN-UP»
Pin-up, da dove viene questa parola? Allude alla riproduzione di una figura femminile, sotto forma di disegno o di fotografia, spesso briosa, ma sempre sexy… L’espressione anglosassone «pin-up girl» si potrebbe tradurre in italiano con «ragazza appuntata sul muro» (to pin: appuntare). Durante la Seconda guerra mondiale, infatti, le pin-up conoscono un enorme successo, soprattutto tra i militari e in particolare nell’esercito e nell’aviazione americana. Le loro immagini riempiono le pareti delle camerate e gli zaini dei soldati. Alcuni piloti, con la benedizione dei superiori, le appendono persino al muso dei bombardieri. Gli anni ’50 inaugurano l’età dell’oro delle pin-up, specialmente negli Stati Uniti. All’epoca queste immagini sono onnipresenti e compaiono sulle prime pagine di riviste e giornali, su poster, calendari e piccoli adesivi da collezionare. La pin-up più famosa era ed è Bettie Page, che, se si fa notare per aver posato in lingerie sexy, deve la sua celebrità soprattutto alle immagini in cui indossava costumi leopardati, rilanciando così la moda di questo tipo di stampa.La storia del successo delle pin-up prosegue fino agli anni ’70, quando la pubblicità ne fa largo uso. Persino la Coca-Cola ricorrerà a Marilyn Monroe per promuovere la sua intramontabile bibita!Dopo l’introduzione di riviste erotiche come Playboy o Penthouse, la moda delle pin-up scompare progressivamente, cedendo il passo a foto di nudi femminili così esplicite da non lasciare nulla all’immaginazione. Da qualche tempo si assiste a una rinascita dell’interesse per queste icone degli anni ’50. La moda, la pubblicità, i media e gli artisti riportano in auge questo stile. Dita von Teese ne è la somma sacerdotessa e, con i suoi spettacoli internazionali, celebra il grande ritorno delle pin-up.

LA LEGGENDA DI MARILYN
Marilyn Monroe è l’icona glamour per eccellenza. La parola «fotogenia» sembra essere stata inventata per definirla. Ma l’attrice non avrebbe mai immaginato di avere, un giorno, questo destino. Figlia di padre ignoto e di madre schizofrenica, entra in orfanotrofio all’età di 9 anni e nel 1942 – quando ne ha 16 – si ritrova sposata con un operaio che poi si arruola nella marina mercantile. Marilyn abbandona gli studi e finisce per trovare lavoro come impacchettatrice di paracadute nella stessa fabbrica del marito. È lì che si fa notare da un fotografo dell’esercito, David Conover, venuto a documentare il contributo delle donne allo sforzo bellico. Sta cercando un «fisico» per tenere su il morale delle truppe al fronte quando scopre Norma Jean, una diciottenne dall’aria molto interessante anche in tuta da lavoro…
Grazie alla serie di foto pubblicate poco dopo sulla rivista YANK nel 1945, Marilyn compare poi sulla copertina di una trentina di numeri di Pin-up e comincia a farsi conoscere come «Mmmmm girl». Lascia il lavoro per dedicarsi alla professione di modella presso la Blue Book Modeling Agency. Nel dicembre del 1945 fa il suo primo provino per l’agenzia, destinato alla promozione di costumi da bagno. Nasce la «bomba sexy», e la sua carriera inizia in questo momento… Anche quando diventa prima attrice e poi diva, resta l’ambasciatrice incontestata dei marchi beachwear, che sfruttano a piacimento il suo sorriso e le sue forme incomparabili per pubblicizzare i loro prodotti.
Marilyn non è una leggenda, bensì LA leggenda!

BRIGITTE BARDOT, O LO SPIRITO DEL NEW LOOK
Per tutti gli anni ’50 il costume da bagno si diffonde sia nella versione due pezzi (culotte alta che copre l’addome e soprattutto l’ombelico) sia in quella «intera», che permette di spogliarsi senza dare scandalo. Questo decennio è segnato dalla diffusione del costume intero couture e di quello a gonnellino, che consentono agli stilisti di dare libero sfogo alla creatività. Il costume a gonnellino è il grande must degli anni ’50. Ideato per coprire un po’ di più il corpo femminile, ha il vantaggio di poter essere indossato anche al bar della piscina o nel giardino dell’hotel. Il costume non è più necessariamente «da bagno», ma può essere da spiaggia o da cocktail, da indossare per esempio durante le feste che gli americani chiamano pool parties. In questo decennio si impone uno stile balneare appariscente. Le stampe la fanno da padrone insieme ai lamé e i costumi sono impreziositi da bottoni, finte allacciature, cinture e ampie tasche. Il gonnellino può essere diritto, con lo spacco, a portafoglio o con taglio short.
In Europa, tuttavia, il razionamento delle materie prime nel dopoguerra mette freno al successo dei costumi da bagno eleganti. Sono pochissimi i marchi di fascia alta che si avventurano in questo territorio.
I couturier più famosi collaborano con i brand americani, leader del mercato: Jacques Fath promuove Sutex, mentre Christian Dior associa il proprio nome a Cole of California ed Elsa Schiaparelli a quello di Catalina.

DA NON PERDERE QUEST’ESTATE
La mostra «Pin-Up, l’Age d’Or du Balnéaire»
Curatori: Ghislaine Rayer e Patrice Gaulupeau
Galerie Joseph, 6 rue des Minimes, 75003 Parigi
Dal 4 luglio al 3 settembre 2017

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