Linea Intima Edit
21 febbraio 2022
Sulla base delle prime stime effettuate dal Centro Studi di Confindustria Moda, per il comparto della moda donna (vestiario femminile, maglieria femminile, camiceria femminile e abbigliamento in pelle da donna), dopo aver chiuso il 2020 in calo del -18,9%, si prevede l’anno 2021 in recupero di almeno il +19,3% sull’anno precedente; tale dinamica dovrebbe portare il fatturato settoriale a circa 13,5 miliardi di euro, inferiori del -3,2% rispetto ai livelli raggiunti nel 2019 (prossimi a 14 miliardi). Tale performance si rivela più positiva rispetto a quella prevista per la moda uomo e diffusa lo scorso gennaio (+11,9% sul 2020, ma -9,9% sul 2019).
Focalizzando l’attenzione sulle dinamiche di export, dopo un primo semestre “rimbalzato” del +27,6%, la moda donna ha proseguito nel suo percorso di crescita, pur assistendo ad un “fisiologico” rallentamento dei tassi. Nell’arco del gennaio-ottobre 2021 le vendite estere settoriali sono cresciute del +19,2%, portandosi a circa 8 miliardi. Tutte le merceologie di cui si compone la moda donna evidenziano peraltro dinamiche di segno positivo: la confezione registra una variazione del +16,7%, la maglieria esterna del +25,3%, la camiceria del +7,3%, mentre l’abbigliamento in pelle del +22,7%. Tale recupero consente alle esportazioni di superare lievemente il corrispondente livello del 2019 (+0,3%, quasi 26 milioni di euro in più).
Parallelamente, anche le importazioni di moda donna sono tornate interessate da un trend positivo - tuttavia su ritmi meno sostenuti dell’export - nella misura del +6,0%, portandosi a circa 4,4 miliardi. Il saldo commerciale di periodo ammonta, dunque, a quasi 3,6 miliardi.
Relativamente alle macro-aree di sbocco delle aziende italiane del settore, sia la UE sia l’extra-UE, che assorbe il 55,6% del totale settoriale esportato, presentano un ritorno alla crescita su ritmi simili, rispettivamente con una dinamica del +18,9% e del +19,5% da gennaio a ottobre 2021.
Come indicato in Tabella 1, i primi 15 paesi di destinazione (in grado di coprire l’81,6% del totale) risultano tutti caratterizzati da incrementi delle esportazioni di womenswear made in Italy, con solo due eccezioni, Regno Unito e Giappone. Al primo posto, con un’incidenza pari al 12,5% sul totale, la Francia mostra un aumento pari al +23,6%; la Svizzera - in primis hub logistico-commerciale per successive riesportazioni da parte delle griffe in altri mercati mondiali - cresce del +17,3%; la Germania, terzo sbocco, archivia una variazione pari al +14,2%.
Un tasso di crescita decisamente vivace, pari al +63,0%, interessa l’export verso la Cina: tale mercato balza così alla quarta posizione dalla nona del gennaio-ottobre 2019 e dalla sesta del 2020; anche Hong Kong assiste ad un aumento delle vendite provenienti dall’Italia, nella misura del +18,9%. Se sommato, l’export verso Cina e Hong Kong - pari a circa 944 milioni di euro nel periodo in esame - sarebbe secondo solo a quello destinato alla Francia (a quota 996 milioni). Relativamente agli altri sbocchi, gli Stati Uniti, al quinto posto, si confermano uno dei principali mercati per il womenswear nazionale, archiviando un +15,9%. Al contrario, il Regno Unito, sesta destinazione, mostra una contrazione delle vendite dall’Italia pari al -11,3%.
Andamento favorevole interessa, invece, l’esportazione verso la Spagna, che registra un +17,6%. Su ritmi non lontani, ovvero +15,4%, crescono i flussi settoriali diretti in Russia. Tornando a considerare l’Estremo Oriente, mentre la Corea del Sud sperimenta un incremento del +53,2%, il Giappone cede il -3,0%.
Per completare la rassegna dei primi 15 mercati di sbocco della moda donna, evidenziano un incremento anche i restanti paesi ovvero Polonia (+42,7%), Belgio e Paesi Bassi (rispettivamente +13,8% e +14,8%), nonché Austria (+2,1%).
Al di là dell’importante recupero rispetto al 2020, risulta interessante il confronto con i primi dieci mesi del 2019, ovvero con i valori pre-pandemici. Da gennaio a ottobre 2019 l’export complessivo di moda donna era stato di circa 7.962 milioni di euro; come anticipato, nei primi dieci mesi del 2021 si è raggiunto un livello di poco superiore (+0,3%, ovvero 26 milioni di euro in più). In altre parole, nei primi dieci mesi di quest’anno gli 1,3 miliardi persi da gennaio a ottobre 2020 sono stati non solo recuperati ma anzi, lievemente superati.
Tuttavia, con riferimento ai singoli segmenti di prodotto considerati, i livelli di export del gennaio-ottobre 2021 non sempre raggiungono quelli del corrispondente periodo del 2019; vanno fatte, quindi, delle distinzioni.
Solo l’export di maglieria donna supera del +10,6% (ovvero di quasi 282 milioni di euro) il dato dei primi dieci mesi del 2019. Al contrario, le vendite estere di confezione e di camiceria femminile risultano inferiori rispettivamente del -4,0% (-183 milioni di euro circa) e del -13,9% (-70,5 milioni di euro). Chiude l’abbigliamento in pelle al -1,5% in raffronto con l’export pre-pandemico. Nel medesimo periodo l’export di moda maschile è stato inferiore di quasi il -7,0% (ovvero 429 milioni in valore assoluto); del resto, il recupero messo in campo dalle singole merceologie maschili presenta ritmi meno decisi rispetto a quello delle corrispondenti linee di prodotto femminili; il divario di maggior ampiezza si rileva proprio nel caso del comparto preponderante ovvero della confezione: la crescita dell’abbigliamento uomo (2021/2020) si ferma al +4,5%, nel caso della donna, come anticipato, raggiunge il +16,7%.
Tornando al womenswear, oltre che per prodotto, emergono delle differenze circa l’eventuale recupero rispetto al pre-Covid anche in termini di singolo mercato di sbocco, in quanto non tutti i maggiori partner, sulla base dei dati ad oggi disponibili, hanno ripianato le perdite dello scorso anno.
Sopra: figura 1 – La moda femminile italiana: esportazioni per Paese di destinazione
(Gennaio-ottobre 2019-2020-2021 a confronto; valori in milioni di euro; primi dieci mercati 2021)
Se si focalizza l’analisi sulle prime dieci destinazioni, le esportazioni di moda donna verso i primi quattro sbocchi ovvero Francia, Svizzera, Germania e Cina hanno ampiamente superato i corrispondenti livelli del 2019; a questi si aggiunge la Corea del Sud. Di contro, per gli altri sei mercati - quindi Stati Uniti, Regno Unito, Spagna, Hong Kong, Russia e Giappone - le vendite italiane risultano ancora inferiori a quelle del gennaio-ottobre 2019.
La Cina presenta l’aumento più consistente in termini assoluti, superando di quasi 178 milioni l’export del medesimo periodo di due anni fa (+45,4%), seguita dalla Svizzera (141,6 milioni in più, ovvero +19,5%) e dalla Francia (93,6 milioni in più, cioè +10,4%).
Nonostante l’evoluzione favorevole del 2021 rispetto al 2020, come anticipato, per alcuni mercati le esportazioni di comparto non hanno visto colmare il divario rispetto all’ammontare raggiunto nello stesso periodo del 2019. Tra questi, resta inferiore del -12,8% a confronto con il livello pre-Covid l’export verso gli USA (80,4 milioni di euro in meno in valore assoluto), mentre l’export verso Hong Kong è al di sotto del -20,1% (94,5 milioni in meno); la complessiva area Cina e Hong Kong guadagna, pertanto, 83,4 milioni di euro rispetto ai primi dieci mesi del 2019. Le esportazioni di moda donna nel Regno Unito accusano le perdite maggiori, pari a 169,7 milioni in meno (ovvero -29,2%). Spagna e Russia cedono rispettivamente -24,1 milioni (-5,8%) e -17,5 milioni (-4,5%). Il Giappone resta inferiore del -25,0% (cioè -90,6 milioni di euro).
“Le performance della moda donna nei primi 9 mesi del 2021 ci confortano in un periodo reso complesso dagli aumenti dell’energia, delle materie prime e dei trasporti" commenta Sergio Tamborini, Presidente Sistema Moda Italia "I mercati internazionali si dimostrano, come sempre, sensibili al bello e ben fatto in Italia e la nostra moda con la sua filiera unica al mondo è un protagonista assoluto della ripresa in atto. La Francia si conferma essere il nostro primo partner commerciale con una crescita double digit e la Cina presenta l’aumento più significativo sul biennio precedente. In sostanza tutti i maggiori paesi di riferimento per il nostro export danno segnali molto positivi. Un saldo commerciale che supera i 3, 5 miliardi è sicuramente incoraggiante per il Paese intero e spinge la nostra manifattura ad affrontare le sfide di questo periodo con una maggiore determinazione”.
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