Linea Intima Edit
05 febbraio 2021
In Italia a seguito del DPCM del 3 novembre 2020 anche nelle “zone rosse” – dove il decreto imponeva la chiusura dei negozi 7 giorni su 7, compresi abbigliamento e calzature – la vendita dell’intimo era consentita in quanto inclusa nelle categorie "biancheria personale" e "articoli medicali e ortopedici” (trattate da DPCM come “generi di prima necessità”), benché limitata nello store fisico alle sole categorie previste da codice ATECO.
In questa fase oltre tre quarti degli intimisti interpellati (77%) ha dunque mantenuto un’attività quotidiana. Per dare un messaggio di presenza e continuità ai clienti, molti hanno mantenuto invariati gli orari di apertura, spesso con orario continuato e con possibilità di appuntamenti personalizzati anche a negozio chiuso.
Altri hanno invece deciso di rimodularsi sulla base dei flussi e delle esigenze della clientela, adeguandosi ai limiti alla circolazione e alle restrizioni imposte ad altre attività e anticipando la chiusura serale. “Abbiamo spostato l’apertura alle 8.30 a vantaggio di chi si reca poi al lavoro; chiudiamo poi alle 18” (Lady&Baby, Dalmine).
“Con la chiusura di bar e ristoranti alle 18 (zona gialla, ndr) la città si svuota: aprendo anche la domenica proviamo a recuperare un pò di quanto viene a mancare in settimana” (Manuela Intimo, Carpi).
“Apriamo anche la domenica, approfittando della chiusura dei centri commerciali” (Merceria Bellone, Millesimo).
Il 18% del panel è rimasto operativo con attività ridotta: chi per disposizioni governative (i multimarca ubicati all’interno dei centri commerciali, chiusi 7 giorni su 7 in zona rossa, e il sabato e la domenica in tutta Italia), chi per scelta, al fine di contenere i costi in regime di scarsa affluenza. C’è chi ha scelto di ricevere solo su appuntamento e di puntare sull’home delivery. Solo il 5% (attività provinciali in zona rossa, negozi in località turistiche, con business stagionale estivo, o invernale proiettato alle – ahinoi – poi precluse vacanze di fine anno) ha sospeso temporaneamente l’attività dopo il DPCM di novembre.
La buona notizia è che, alle prese con questa seconda frenata, il dettaglio di intimo in Italia non sembra aver perso motivazione e fiducia. Nessuno dei 100 negozi interpellati a novembre si è detto intenzionato a chiudere definitivamente; e non manca chi ha investito nell’attività e nel secondo semestre 2020 ha inaugurato una nuova sede (Mariella Intimo, Clusone, Semplicemente Intimo, Flero) o ha lavorato in vista di un trasferimento e o rinnovo locali nel 2021 (Gioydea, Milano; Massimina, Bologna, Linea Intima, Mantova).
Negozi di intimo aperti: una chance commerciale inattesa, ma anche un’arma potenzialmente “a doppio taglio”. All’annuncio, tante le incognite: nelle zone rosse, per i multimarca del settore alzare le serrande ha significato operare in centri storici e vie commerciali devitalizzati, già orfani degli stranieri e della clientela degli uffici in smart working, e ora anche dei consueti flussi legati ad altre attività. Dubbi e perplessità si sono però espressi trasversalmente al “colore” della regione: in tutta Italia, la prospettiva era interfacciarsi con consumatori impauriti, poco motivati, disorientati dalla complessità delle disposizioni governative sulle aperture dei negozi. Poter aprire, ma senza garanzia di lavorare: una condizione sulla carta “privilegiata” ma, sul campo, non per tutti vantaggiosa; condizione che – sottolineano alcuni – a fronte di incassi invernali comunque menomati, per gli intimisti ha comportato l’impossibilità di accedere ai ristori, previsti solo a beneficio dei commercianti obbligati a chiudere.
Se è vero che in varie zone d’Italia questa morosità si è sentita (e non poco), ai dettaglianti di intimo va dato il merito di aver comunque imbracciato con forza l’arma delle aperture, dando prova di resilienza, creatività e dinamismo. E per i più smart non sono mancate le soddisfazioni. Anche in zona rossa!
“Fugato il primo timore delle sanzioni le persone hanno ripreso a uscire e a frequentare i negozi. Certo, per chi come me opera in una grande città, con un bacino d’utenza esteso a tutta la provincia e alle zone limitrofe, è mancato un flusso di clientela importantissimo. Forte di un’attività di vendita ben avviata sui social, ho però fatto tesoro dell'esperienza del primo lockdown per predisporre consegne a domicilio e organizzare spedizioni e servizi su largo raggio” (Saint Tropez, Brescia).
I dettaglianti con offerta mista – costretti a riorganizzare l’esposizione e la vendita in boutique – hanno capitalizzato sulla lingerie, sfruttando sulle merceologie non autorizzate i servizi di shopping da remoto.
“In una situazione in cui lo spostamento va motivato, chi esce per fare shopping ha davvero ‘voglia’ di comprare… Molte clienti che entravano per un abito o un cappotto, impossibilitate ad acquistarli si sono comunque immerse nella Gimò experience e si sono orientate sulla lingerie. Risultato: per noi la prima settimana post DPCM è stata per intimo e pigiami una delle migliori degli ultimi anni! In vetrina abbiamo privilegiato calze e homewear rispetto a Pàp e accessori. Se interessata a questi ultimi, la cliente veniva indirizzata sull’acquisto a distanza con spedizione a casa, o invitata a visitare il nostro e-commerce e ordinare online.” (Gimò, Torino).
Sul lungo periodo, la fase “open shops” è stata dunque valutata positivamente dagli operatori, felici di essersi mantenuti attivi e di aver coltivato un contatto quotidiano con il pubblico. In città e in provincia, i negozi in zone residenziali, con una clientela consolidata, hanno sofferto meno dei colleghi in centro, beneficiando dei flussi di prossimità e confermandosi punto di riferimento per le consumatrici fidelizzate. Il fattore “visibilità” si è rivelato un vantaggio: il fatto di “esserci”, con vetrine illuminate, spazi animati e prodotti “a portata di shopping”, è stato la chiave per farsi ricordare (e conoscere) in vista degli imminenti acquisti natalizi; con il plus di far riscoprire l’offerta e i servizi di qualità del negozio specializzato anche a consumatori ora impossibilitati a comprare nei grandi centri commerciali.
Il 2020 è stato l’anno della “digitalizzazione” per le boutique di lingerie italiane. Scelta obbligata o mossa strategica, la presenza online è aumentata per l’86% degli intervistati. I social si confermano il canale prediletto: Facebook in testa, seguito da Instagram, sempre più attraente per la facilità d'uso e l’appeal moda. I post si sono fatti più frequenti e mirati, legandosi a palinsesti o programmi di comunicazione specifici; con una strizzatina d’occhio, per i più digitalmente smaliziati, anche a tiktok (Boutique Gnisci, Locorotondo).
In chiave O2O, quest’anno i dettaglianti si sono mostrati super recettivi al task dello spazio “instagrammabile”: tanti di loro – spesso ispirati dai webinar di Linea Intima nel primo semestre 2020 – si sono mossi per ricavare, in location sia nuove (Francesca Intimo, Genova; Mariella Intimo, Clusone) che storiche (Anna Stefoni Glam Collection, Palombara Sabina), un’area dedicata, connotata con la brand image del negozio, per animare con selfie e video la social community del negozio. Fondamentale per mantenere il contatto e la relazione, la messaggistica in rete (messenger, whatsapp, telegram) è stata cruciale in questa fase per tenere le clienti informate e fare chiarezza sulle aperture dei negozi di intimo.
Sempre più dettaglianti sfruttano i servizi avanzati di Facebook Business e Whatsapp Business; matching tool facile e gratuito, Google my Business è usato anche per aumentare la visibilità sul motore di ricerca di Google e su Google Maps.
Chi non si era ancora dotato di un sito internet ha provveduto in questi mesi (“Dopo il trasferimento nella nuova sede nel 2020, abbiamo presentato il nostro nuovo sito aziendale”, Luci e Ombre, Alba), ha allargato la sua operatività digitale (“Mi sono dotata di un CRM, ho attivato la newsletter e ho lavorato alla creazione di un online shop”, Rubatscher, Bolzano; “Ho acquistato un gestionale di magazzino: sono in fase di caricamento prodotti e a breve lancerò un sito web con e-commerce" (R Bijoux Lingerie, Rivarolo Canavese) o ha implementato le proposte online (“Già mi occupavo di bra fitting e bodyshape: ho aggiornato il sito con questi servizi, dandogli valore aggiunto e rendendoli gratuiti per le clienti. Ho incrementato così la richiesta spontanea di appuntamenti e il numero di consumatrici fidelizzate. Investimenti pubblicitari in Google AdWords mi hanno fatto conoscere da una nuova clientela” Capogirodue, Brescia).
La digitalizzazione e la necessità di implementare la vendita a distanza accelerano anche in Italia l’apertura dei dettaglianti tradizionali alla formula “brick & click.” In aggiunta a un 11% già “rodato” sull’e-commerce, ben il 21% dichiara di aver di recente aperto un proprio canale di vendita online; un bello sprint considerata, in passato, la diffusa reticenza sul tema.
“Abbiamo lanciato l’e-commerce perché ormai gli acquisti online fanno parte del quotidiano, ma anche perché l’attuale situazione ci sta tenendo lontani dai nostri clienti fuori comune e fuori regione. Abbiamo così deciso di andare loro incontro, con l'obiettivo di raggiungere un pubblico anche più vasto, nazionale e internazionale” (Unique, Viareggio).
Tanto il lavoro fatto sullo stile e l’immagine per trasporre in rete la brand identity del negozio fisico: “Il nostro shop online, approntato durante il primo lockdown, ben ci rispecchia con un format giovane e dinamico” (Arianna Intimo e Mare, Verona)
“Il nostro e-store viaggia in sinergia con i social, che seguiamo senza ausili esterni personalizzandone l’immagine e l’esperienza per veicolare la nostra identità in modo forte e diretto. Per noi boutique, quella online è una seconda vetrina, che deve trasmettere la sensazione di bellezza e accoglienza del negozio fisico. Il calore umano ci differenzia dai colossi dell’e-commerce: chi meglio di noi per portare questa piccola rivoluzione sul web?” (Le Perle Monza, Monza).
Il tutto con product mix e strategie commerciali ben calibrati sui due canali: “Lo shop online di Gimò è stato inaugurato il 1° aprile 2020. La nostra clientela continua però a prediligere l’esperienza in store, e l’offerta completa è disponibile solo in boutique. Utilizziamo l’e-shop come vetrina virtuale: presentiamo una selezione di marchi e prodotti, con focus sui continuativi e un fashion mix aggiornato day-by-day” (Gimò, Torino). Con un’attenzione costante a non sovrapporsi alle concomitanti promozioni proposte sui loro siti dai brand: una spina nel fianco per molti negozi, che vivono questa presenza come concorrenziale, o come un disincentivo a vendere a loro volta online.
A conferma di una distribuzione sempre più adattiva, ben il 59% dei negozi dichiara di essere al lavoro sul proprio e-shop.
“Come parte della strategia digitale del negozio lanciata ad aprile con il restyling dei social, dopo il sito internet il prossimo step sarà l’e-commerce. Adeguarsi al radicale cambiamento in atto nel retail è la chiave per restare al passo con i tempi.” (Benny dal 1988, Ferrara).
Molti stanno soppesando con cura la propria strategia: perché e.tailer si diventa, ma non ci s’inventa! “Inaugureremo il nostro portale nel 2021. Non vogliamo improvvisarci: per farlo bene ci vuole tempo!” (Intimo Ortopedia Abbiati, Seregno); “Ho messo in stand by il progetto e-commerce per studiarlo con un approccio più internazionale: la sfida oggi è creare online non una semplice vetrina, ma un ventaglio avanzato di proposte e servizi” (Saint Tropez, Brescia).
Va sottolineato che, per “e-shop,” i negozi coinvolti nel sondaggio non intendono però solo il proprio negozio online, ma anche siti di vendita affiliati ad altre piattaforme (come ebay o shopify), da molti plebiscitati. L’adozione di un e-commerce vero e proprio rimane del resto controversa e, anche tra chi ha già testato il canale, non mancano le perplessità.
I nodi cruciali riguardano gestione, relazione e servizio. “Ho aperto con le mie sorelle, titolari di una boutique per bambini, un sito di vendita in comune: un impegno che, benché condiviso, risulta inconciliabile con la gestione dei negozi fisici, a meno di avere personale dedicato o delegarlo a un professionista” (Intimo Rio, Roma). “Uso l’e-shop solo per le gift card: preferisco il contatto col cliente che mi danno i social.” (Non solo seta, Oleggio); “Ho aperto l’e-shop nel primo lockdown, ma ho avuto riscontro solo in fase di chiusura forzata dell’attività. La mia boutique ha un sapore moda: lo shop online non potrà mai sostituire l’esperienza dell’acquisto in negozio, l’emozione del coup de coeur, il piacere di provare un bikini o un bel reggiseno. E il contatto social con la clientela è per me più diretto e appagante della modalità self service dell’e-commerce” (Dama, Legnano).
In questo spirito, il 9% del panel si limita a cavalcare l'onda dei social.
“Non riteniamo l’e-commerce redditizio per noi: ci troveremmo a combattere una ‘guerra al prezzo’ con operatori ben più strutturati e, a tutela della clientela affezionata, non ce la sentiremmo di operare politiche di reso sui nostri articoli” (Intimamente, Desenzano del Garda). “Per ora la vendita online non è tra le priorità. Investiamo tempo e risorse nel fidelizzare le clienti che ogni giorno si avvicinano alla nostra piccola realtà a conduzione familiare. Siamo su Facebook e su Google. Potremmo fare di più... Ma ogni cosa a suo tempo.” (Melrose, Trento).
“Il mio rapporto con le clienti è fatto di contatti diretti, di calore e di sguardi, di scelte condivise, che mi gratificano sia economicamente che professionalmente. La vetrina virtuale e il percorso commerciale che vi sta dietro comportano investimenti di tempo, capitale e personale per me difficilmente affrontabili in questo momento. Sono però consapevole di dover considerare questa direzione in futuro” (Massimina, Bologna).
“La pandemia è stata un’occasione per rimettersi in discussione. Nuova chance per gli operatori, l’acquisto in rete è comodo ed è ormai una prassi consolidata, ma… Vuoi mettere il calore, il sorriso, l'accoglienza del negozio di fiducia, la possibilità di provarsi quel ‘qualcosa che ho visto in vetrina’, la chiacchiera di paese del momento, l'incontro casuale con qualcuno con cui non ci si vedeva da tempo? L’esperienza covid ha accelerato le vendite online, ma a mio parere ha fatto anche riscoprire l'importanza del negozio sotto casa” (L’angolo delle fate, Sasso Marconi).
Computerizzato e aggiornato quotidianamente con taglie, età, contatti e storico acquisti, quando non altamente informatizzato con veri e propri software gestionali, o anche solo racchiuso nella rubrica contatti dello smartphone gestita via i broadcast e i canali delle principali app…
Il 79% del panel già dispone di un database: strumento indispensabile per approfondire la conoscenza dei clienti, per monitorare esigenze e preferenze di prodotto, per attuare operazioni di marketing mirate (Silvia Intimo, Sesto Fiorentino), per informare sulle nuove collezioni (Boutique DAmare, Alghero, Marianna Moda Mare, Gardone Riviera e Salò, Poesie Intimo e Moda, Fornacette), su iniziative ed eventi in negozio (Jolie Lingerie, Piazza Brembana), e, perché no, per mostrare piccole attenzioni speciali (“Oltre a telefono ed e-mail, registro anche la data di nascita: posso così fare alle clienti gli auguri di compleanno e invitarle in negozio a ritirare un omaggio”, Femminilità Linea Intima, Roma).
Avere un database è una scelta obbligata per gli specialisti del fitting: “Registro ogni nuova cliente in primis per taglia di reggiseno e poi per prodotto acquistato” (Intimo Sigma, Como); “Il fatto che il negoziante abbia in archivio e conosca già la sua taglia fa sentire la cliente coccolata, al centro dell’attenzione: è il primo step per fidelizzarla, e agevola oggi la vendita a distanza” (Intimi Segreti, Padova); “Ho sempre avuto un’agenda su cui annotavo nome cliente, data e acquisti; da quando tratto le coppe calibrate mi è indispensabile registrare per ogni cliente taglia e modello; e i nuovi software di gestione velocizzano la procedura” (R Bijoux Lingerie, Rivarolo Canavese).
Alla domanda "utilizzate un sistema di presa di appuntamenti online", il 21% dei negozi ha risposto di sì e il 35% che ci sta lavorando. Alcuni si sono dotati di plug-in e soluzioni integrate ai loro siti, altri utilizzano le app di booking dei marketplace (Sesami di Shopify) o l’apposito format di Facebook.
Sul concetto di “presa di appuntamenti su Internet” c’è però molta confusione. Molti usano in realtà solo Googlecalendar, WhatsApp e WhatsAppBusiness, o la messaggistica privata dei social. I veri e propri software e sistemi di programmazione degli appuntamenti online (come Easy!Appointments) sono appannaggio di un’esigua minoranza.
Ben il 44% del panel non ritiene utile o necessario dotarsi di questi tool. Chi soddisfatto dai metodi tradizionali, ancora prediletti dai clienti, chi scettico sulla formula stessa del lavorare su appuntamento: “Non abbiamo un’agenda così fitta. Molti utenti non gradiscono il fatto di arrivare in negozio e non poter entrare per via di un appuntamento in corso. Il servizio è però prenotabile fuori dagli orari di apertura” (Intimamente, Desenzano del Garda). “Ho avuto poche richieste sinora; e, per quanto le clienti siano informate e invitate a prendere appuntamento, preferiscono passare liberamente in negozio” (Intimo Gilda, Milano).
Visionare le collezioni in presenza è fondamentale per il 68% del panel. E per la quasi totalità dei rispondenti (98%) la chiave è, in primis, il fatto di toccare con mano i prodotti: per testare comfort e piacevolezza dei materiali, per valutarne il fit, ma anche per apprezzarne lo stile e i colori, la fattura e le lavorazioni… In sintesi, per vivere in prima persona l’emozione di un capo che in negozio dovrà poi emozionare il cliente. Un nodo cruciale soprattutto nel mare (“Il beachwear vive di piccoli particolari che si apprezzano solo toccando il prodotto”, Casa del Costume, Senigallia), e in generale quando si parla di moda e si lavora sugli abbinamenti total look.
Ciò detto, in ottica di trend scouting e overview varie boutique hanno sentito la mancanza delle fashion week e delle fiere moda in presenza; in particolare i concept store di ricerca, costretti a ridurre al minimo la visione fisica dei campionari e a privilegiare i continuativi: per chi vive di scouting novità, l’ordine a distanza è fattibile solo con marchi noti e partner consolidati.
Nello scoprire dal vivo le collezioni c’è poi anche l’aspetto "umano": coltivare un rapporto di fiducia con i marchi è importante per il 38%, e il 35% apprezza il momento di incontro e di scambio con i fornitori. “E’ utile conoscere di persona i referenti dei brand e curare il rapporto diretto anche con i titolari, nell’ottica di confrontarsi e fornire il miglior servizio al consumatore finale” (Fiordipelle, Roma). L’aspetto della trattativa non va sottovalutato: il 30% ritiene utile, per accordarsi sulle condizioni commerciali, l’incontro vis-à-vis.
Non sorprende dunque la tiepida accoglienza che i dettaglianti hanno sinora riservato al format dei saloni digitali. Offerta limitata, poco interessante o accessibile solo in parte, asetticità dell’esperienza e spersonalizzazione del contatto, difficoltà a dialogare a distanza su prezzi e condizioni di acquisto: tutti questi aspetti, uniti alla scarsa familiarità di molti operatori con il mezzo digitale, fanno sì che da più parti si auspichi presto un ritorno alle manifestazioni in presenza.
Causa di forza maggiore, la situazione sanitaria è stata uno stimolo a esplorare nuovi scenari…
“Occorre trovare una forma diversa per la presentazione dei campionari, che sia non solo stagionale ma più segmentata sull’anno: una formula che ci consenta di alleggerire gli stock, ricalibrando le offerte per evitare che, in stagioni difficili come l’attuale, il negozio si trovi sguarnito sui prodotti più richiesti e in esubero su altri” (Luci e Ombre, Alba).
“Quest'anno più che mai abbiamo avuto la necessità di marginalizzare. Farlo senza sacrificare la qualità è difficilissimo. Aziende più strutturate tramite il loro portale B2B mettono a disposizione dei negozianti le linee delle stagioni passate scontate dal 20% al 50%. Nel 2020 abbiamo usufruito molto di più di questo servizio, e ci ha dato un grandissimo aiuto. Altri fornitori quest'anno si sono attivati, ma in modo poco agevole e confusionario, con paletti troppo stringenti. Ed è un peccato perché noi ne avremmo usufruito molto di più, e loro avrebbero svuotato i magazzini più in fretta. Facciamo un appello a tutte le aziende, almeno alle più grandi, a creare un B2B per i negozi clienti mettendo a disposizione le rimanenze delle linee passate a un prezzo scontato. In fondo se noi negozi applichiamo a fine stagione i saldi sulle collezioni stagionali sarebbe logico lo facessero con noi anche le aziende” (Bottino, Genova).
Quello che però più di tutto manca ai negozi, in questa fase di restrizioni, è il momento dell’incontro di qualità, capace di creare sinergie di filiera in un’ottica di scambio e condivisione: un ruolo oggi riconosciuto all’unanimità al concorso Stelle Best Shop Awards, indiscusso evento e circuito federatore della professione in Italia. Entusiasmo e aspettativa, dunque per il Gala 2021… Stay tuned!
PER SCOPRIRE I PRIMI DUE CAPITOLI DELLA GRANDE INCHIESTA "NEGOZI IN AZIONE":
LINEA INTIMA LUGLIO 2020, A PARTIRE DA PAG. 228
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