Linea Intima Edit
07 ottobre 2019
Aperto dal Presidente
SMI Marino Vago e moderato da Andrea Crespi, Presidente del comitato
Sostenibilità di SMI e Direttore Generale di Eurojersey, il convegno
“Viaggio verso la sostenibilità della filiera” ha puntato la lente sui
filoni di attualità dell’Economia Circolare e della Sostenibilità,
analizzandoli nell’ampio spettro dei concetti ad essi sottesi (riuso,
riciclo, recupero, eco-progettazione, vita utile di un prodotto, fine
vita) e delle sfide che portano con sé per le aziende: prevenzione e
riduzione degli impatti ambientali lungo tutta la catena di produzione,
limitazione nell’uso di sostanze pericolose, uso di materiali
biodegradabili, utilizzo di rifiuti provenienti anche da altre filiere
(come le bottiglie plastica), utilizzo di scarti di produzione in nuove
filiere (agricoltura, edilizia, ecc.).
E, poiché per un’impresa l’essere
veramente sostenibile non significa solo rispetto dell’ambiente e
risparmio delle materie prime e delle risorse economiche, ma rimanda a
un più vasto concetto di “responsabilità” (rispetto della salute dei
lavoratori e dei consumatori, rispetto dei diritti umani,
razionalizzazione dei processi creativi e produttivi, spinta a
innovazione e ricerca), durante l’incontro si è sottolineato come, tra
le prime attività “responsabili” per le aziende vi sia la comunicazione.
Il rischio da evitare è l’utilizzo del concetto di sostenibilità come
leva di marketing o peggio ancora in chiave di “greenwashing”, in un
rincorrersi di frasi a effetto che raramente sottendono un impegno
concreto.
Di qui l’esigenza, oggi, per un’azienda che voglia evolvere e migliorare la sua operatività, di misurare le proprie prestazioni per comunicare i propri miglioramenti e le proprie iniziative in modo oggettivo, con il supporto di dati effettivi.
In quest’ottica, nell’ambito del convegno SMI ha proposto una guida operativa per l’implementazione della PEF/OEF: una metodologia volontaria, raccomandata a livello UE, che consente di misurare l’impronta ambientale di un prodotto/processo.
Il documento, realizzato grazie alla collaborazione con ICA – Società di Ingegneria Chimica per l’Ambiente, è stato presentato dall’Ing. Irma Cavallotti, che ha illustrato i nuovi percorsi nel settore T/A.
A seguire alcuni imprenditori che, nelle loro aziende, hanno intrapreso questo percorso di misurazione, hanno portato la loro testimonianza: Claudio Marenzi - Herno per il prodotto finito, Ercole Botto Poala - Successori Reda per il tessile e Roberto Grassi - Alfredo Grassi per la supply-chain dello smart-textile.
Analizzare l’intero ciclo di vita di un prodotto o di un processo consente così alle aziende di identificare le aree di miglioramento che possono, potenzialmente, aumentare la competitività di un’organizzazione e ridurne i costi. In quest’ottica, PEF (Product Environmental Footprint, Impronta Ambientale di Prodotto) e OEF (Organization Environmental Footprint, Impronta Ambientale di un’Organizzazione) convergono in una procedura, applicata a un prodotto e/o processo, che, tramite l’analisi approfondita di 16 indicatori ambientali, dei quali alla fine saranno selezionati solo i più significativi, fotografa la situazione attuale del prodotto/processo per consentire all’azienda di intraprendere la propria strategia di miglioramento. Si tratta di uno strumento operativo che, in primo luogo, può consentire all’azienda di valutare ed analizzare la significatività dei vari indicatori in tema di prodotti e/o processi all’interno dei propri confini aziendali (“cradle-to-gate”, dalla culla al cancello) e, in seconda battuta, di ampliare questa visione oltre i confini aziendali (“cradle-to-grave”, dalla culla alla tomba) raggiungendo anche un maggior grado di controllo della propria filiera. Sulla base dei dati iniziali ottenuti, l’azienda può infatti valutare evoluzioni strategiche in merito alla propria prestazione ambientale.
Copyright 2024. Tutti i diritti riservati - Info legali